Giancarlo Contu è un artista poliedrico e complesso. Dopo essersi diplomato all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, inizia il suo percorso di ricerca: in un primo momento, si dedica alla pittura realizzando quadri astratti in cui è possibile scorgere l’influenza di Emilio Vedova, poi la accantona, come se volesse distaccarsi dai suoi modelli e trovare una propria identità artistica originale.
Inizia così a sperimentare e a cimentarsi con linguaggi artistici diversi; realizza performance ed installazioni, partecipa a mostre collettive, in Italia e all’estero, affermandosi nel panorama artistico. Esegue elaborazioni digitali e nel 2008 inizia a lavorare ad un progetto mediatico.
Le sue opere diventano più intimiste e mature, mostrano un’evoluzione rispetto a quelle giovanili: il percorso interiore, compiuto negli anni trascorsi, lo spinge all’introspezione psicologica.
L’opera artistica è diventata uno strumento di conoscenza che Contu utilizza per indagare la propria interiorità e proprio per questo, ora, ritrae spesso se stesso nelle sue elaborazioni digitali e nei dipinti: il bisogno di investigare se stesso coincide con quello di comunicare, di trovare un punto di contatto con lo spettatore. Traspare una maggiore umanità e consapevolezza di sé, ma anche un senso di inquietudine e di malessere. L’artista non teme di esporsi, di mettersi a nudo e chi osserva certe sue opere ha l’impressione di guardarlo mentre si studia, si osserva con meticolosità quasi scientifica, come se cercasse di capirsi attraverso i suoi lavori.
Parallelamente al tema dell’interiorità, affronta tematiche sociali realizzando, per esempio, un’installazione che denuncia le violenze perpetrate dai nazisti. La sua coscienza lo spinge ad affrontare argomenti difficili, senza timore di rappresentarli con realismo e toni quasi cruenti.
In questa mostra personale presso Satura, viene presentato il ciclo “Das geheime auge” (l’occhio segreto) di cui fa parte l’opera “Das geheime auge von Messerschmidt” premiata nel concorso nazionale SATURARTE 2010. Le tele esposte sono caratterizzate dalla predominanza del colore rosso e dalla presenza di volti trasfigurati che emergono dal fondo e di corpi contorti. Opere pervase di inquietudine e di angoscia, in cui viene ritratta un’umanità dolente e grottesca e in cui, a volte, è possibile riconoscere le sembianze stesse dell’artista.
L’occhio indagatore dell’artista rivela una visione pessimistica della condizione umana: l’uomo sembra prigioniero di forze invisibili, avviluppato su se stesso, il volto trasfigurato in orribili smorfie.