Prosegue fino al 5 novembre, presso SATURA art gallery, Piazza Stella 5/1 Genova, la mostra “Donne cervo” di Cristina Anna Adani. La mostra, a cura di Franchino Falsetti, rimarrà aperta con il seguente orario dal martedì al sabato 15:30 – 19:00.
Cristina Anna Adani nelle sue sculture ha teso ad evidenziare l’aderenza dei concetti base della vita con la “primitività” del segno rappresentativo e creativo del mondo empirico e fattuale con le prime forme di interiorizzazione delle angosce esistenziali dell’eterno rapporto inseparabile tra la vita e la morte, tra èros e thanathos. La sua attenzione è nell’infondere nelle sue informi figure femminili le sensazioni profonde del mistero, dell’ignoto, delle forze esoteriche di una religiosità pagana e primitiva. Il suo “immaginario archetipo” popolato da figure, fortemente simboliche, come: la Donna Falco, la Donna Cervo, Psiche, la Dea Bianca, Fantasma di fuoco, Circe, Despina, Caverne, ect…, ci introduce in un paesaggio magico, fatto di antichi sortilegi che ci comunica una visione del mondo dove il sogno ed il mito servivano per conoscere ciò che è oltre, un collegamento con la propria identità e con il resto incomprensibile e privo di materialità. E’ una stimolante testimonianza e ricostruzione della ricerca come rappresentazione di tutto ciò che esiste. Sono schegge di un mondo antico, che rivela la nostra natura, inalterata nel tempo della storia, di cercare in noi stessi il senso della divinità. Ascoltare noi stessi, ascoltare “le sonore argille” di Cristina Anna Adani è come ri-scoprire la continuità della nostra umana storia: conoscere le cose mediante gli universi dei simboli, delle ideologie e delle idee. Nelle sue problematiche e dialettiche sculture l’immagine femminile è principio d’identità con l’archetipo universale dove anche l’uomo ne è presenza innata e la dualità di anima/animus ne fissa ancestralmente la tensione erotica ed il mistero dell’amore. La dimensione erotica e creativa trasforma la donna in luce-divinità/ luce-donna, producendo, nel tempo, nuove forme metamorfiche della “luce dell’amore” come trascendenza del mistero della bellezza e della sua materialità. Questa ricerca filosofica ed antropologica è alla base della produzione scultorea di questa interessante artista, poiché nel riproporre modelli di evocazione mitologica ed arcaica della figura umana, diventa archeologa essa stessa delle forme simboliche per decifrare l’irrealtà ontologica sia dell’esperienza umana sia delle primordiali concezioni della vita e del mondo. E’ saper cogliere il divenire del Tempo nel suo rendere illusorio ed evanescente ogni azione e testimonianza umana. La sua ricerca nei miti della femminilità non è fine a se stessa, ma risuona come linguaggio sonoro che non si disperde, ma si rintraccia nell’angoscia contemporanea, dove, secondo Heidegger, la “temporalità di ogni esistenza umana genera fatalmente l’angoscia e il dolore”. E’ il senso del Nulla che prevale nella nostra epoca e forse il lavoro intelligente della scultrice Cristina Anna Adani potrebbe suggerirci nuovi percorsi culturali: contrastare il dilagante processo di omologazione e di conformismo della personalità umana e l’ideologia dei nuovi idola artificiali che connotano il nostro immaginario ed il nostro modo contemporaneo di pensare e di rappresentare la realtà. E’ forse importante il ritorno simbolico al caos, alla spiritualità arcaica, allo sperimentare la luce della conoscenza e l’ombra psichica non prodotta dallo smarrimento od estraniamento dell’esistenza, ma dalla crescente consapevolezza delle esperienze iniziatiche e di resurrezione attraverso progressive crisi psichepatologiche in cui si esprimano l’esperienza profana e la dimensione del sacro. E’ un invito al “risveglio”, ad eliminare i “mostri” dei sogni, prodotti dal sonno non solo della Ragione, ma della perduta identità ancestrale e della presenza della Donna Madre, della Dea Bianca o della “Donna unica” medievale, fonti di nuove energie e di rinnovate immagini rigeneratrici di saggezza e di amore. “Così, coloro che nei quadri guardano coi loro occhi le immagini dell’arte non vedono le stesse cose, ma quelli che nel sensibile riconoscono l’immagine di un essere posto nel loro pensiero, sono per così dire turbati quando arrivano a ricordarsi della realtà vera: da questo turbamento nasce l’amore”. ( Plotino )