S’inaugura sabato 29 settembre 2012 alle ore 17:00 nelle suggestive sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra “Fotografie di sculture effimere” di Karl-Heinz Hinz a cura di Flavia Motolese. La mostra resterà aperta fino al 13 ottobre 2012 con orario 15.30 – 19.00 dal martedì al sabato.
Dall’arte rupestre delle grotte di Lascaux, l’Uomo ha sempre cercato un mezzo espressivo per rapportarsi all’ambiente che lo circondava. Gli scavi archeologici hanno mostrato l’evoluzione del linguaggio e delle tecniche in relazione alla continua variazione della Natura. Con gli studi sistemici della luce portati avanti da Hokusai – con le sue Cento Vedute del Monte Fuji – e da Monet – con la serie della Cattedrale di Rouen e le Ninfee – la pittura si è avvicinata alla scienza nella riproduzione della percezione ottica. I due differenti approcci, quello paleo-antropologico e quello scientifico-creativo, evidenziano il fluire di una realtà dinamica in continuo impercettibile mutamento. Infatti, senza considerare i grandi sconvolgimenti che possono modificare radicalmente la crosta terrestre in pochissimo tempo, esistono pazienti forze erosive che scavano motivi e solchi nel paesaggio nell’arco di un periodo sufficientemente lungo, che si misura in ere. Ogni scorcio è una combinazione irripetibile e sorprendente di ombre e condizioni geologiche. Karl-Heinz Hinz approfondisce la concezione generatrice e liberatoria di una visione tridimensionale della materia e inventa un codice totalmente originale che coniuga la tecnologia digitale alla potenza plastica della scultura utilizzando semi, carta, acciaio, sabbie … per riprodurre le infinite possibilità delle architetture naturali nello spazio di una tela, che diventa parte del processo immaginativo. Come in un mandala iper-moderno, ogni singola opera viene plasmata per essere fotografata, fermata su carta e quindi attaccata su sottilissimi supporti in alluminio, perfetta metafora dell’incontro tra mondo e artificio culturale. Quella di questo stupefacente artista di origine tedesca è una ricerca che difficilmente può essere incasellata in un’unica definizione: alcune opere coniugano le asperità minerali con l’impatto visivo di un colore acceso, che pare rappresentare alternativamente la passionalità dell’individuo o il calore degli elementi; altre si affidano al contrasto insito in uno schema di pieni e vuoti in cui la mano dell’autore interviene come un Deus ex machina ricordando la land art di Giacomelli. (Testo critico di Elena Colombo)